E’ impresa ardua quella che, sul suggestivo lungomare di Marina di Camerota, hanno intrapreso da qualche anno Davide Mea e sua moglie Assunta Rispoli. Primo, perchè è complicato proporre una cucina di qualità dai tempi slow in una cittadina che d’estate diventa crocevia di un turismo che non sempre è di alta qualità. In secondo luogo perchè vicino a te si diffonde, a macchia di leopardo, il fast food all’americana.
La cucina di Davide, però, duttile e versatile, riesce a difendersi molto bene.
La taverna è (prima di tutto) street food: veloce, immediato, giovane, ma di alta qualità. Qui è possibile acquistare – a prezzi contenuti – il tradizionale cuoppo: il cono di carta paglia con fragranti fritture di alici, paranza, calamari e totanetti e tante versioni di panuozzo con i prodotti bio del territorio.
La Taverna del Mozzo, poi, è anche ristorante di mare della tradizione, con un menù essenziale ma completo di tutte le ricette classiche che si devono saper fare e proporre. La pasta di Gragnano (Pastificio Gerardo Di Nola) viene servita con il pescato del giorno, con gamberi rossi e con un’ottima genovese di mare. Per i secondi si sceglie tra il fritto del mozzo e il pescato del giorno.
Una cucina allo stesso tempo mai stanca, mai seduta sul passato, in continua ricerca dell’equilibrio tra tradizione e innovazione (questo è l’aspetto che più ci è piaciuto). Da più parti abbiamo sostenuto che la cucina tradizionale di mare del Cilento è – di fatto – terragna. E in questo caso abbiamo davvero un bell’esempio di rapporto efficace ed equilibrato tra terra e mare, come la riuscita maracucciata con zuppetta di seppia.
Per iniziare, una delicata Burrata di Andria con pomodorini confit e gamberi rossi; più robusto il Pane cotto con cicoria selvatica, bufala e alici di menaica. C’è un bell’equilibrio nel Carpaccio di carciofi bianchi di Pertosa e bacon disistratato: la dolcezza e la straordinaria delicatezza del carciofo bianco di Pertosa e dei gamberi incontra la sapidità del bacon.
Dopo la corposa Crema di mais con tagliatella di seppia, abbiamo concluso gli antipasti con la rivisitazione della maracucciata. C’è tutto quello che ci aspettavamo: territorio ( il maracuoccio è un legume tipico di Lentiscosa, che si produce esclusivamente su queste colline), rapporto terra – mare (salinità della seppia, acidità del pomodoro, neutralità e dolcezza del legume), stagionalità (il primo maggio è d’obbligo mangiare legumi: simbolo di prosperità).
Abbiamo provato la genovese di mare, un must della cucina campana e i fritti. Poi la piccola pasticceria e, infine, i fichi bianchi del Cilento.
Abbiamo abbinato: Valmezzana 2013 di Mario Notaroberto, un fiano dall’interessante consistenza: si presenta di colore giallo paglierino, al naso è complesso: si percepisce dapprima un forte impatto floreale e successivamente delle note fruttate. In bocca entra fresco.
L’arredamento è marinaro: essenziale e di buon gusto. Ottima scelta di etichette regionali con qualche birra artigianale. Da segnalare, infine, una piacevole intesa tra cucina, sala e cantina e – soprattutto –giovani cilentani che non scappano: restano, lavorano e si impegnano per cambiare la propria terra.
Articolo di Luciano Pignataro
http://www.lucianopignataro.it/a/marina-di-camerota-la-taverna-del-mozzo/87145/